La sfida del discomfort

Ho deciso di lanciarmi una sfida: fare almeno un'azione al giorno che sia al di fuori della zona di comfort. L'ho chiamata "la sfida del discomfort" e voglio portarla avanti sino alla fine dell'anno.

Come mai? È perché mi sono accorta che ultimamente stavo ricadendo nella procrastinazione e nei meccanismi dell’evitamento. In qualità di coach (ma anche di persona che ha fatto tanta esperienza in merito) so quanto tutto questo possa ostacolare la mia evoluzione.

Cos’è la zona di comfort

Probabilmente sai già cos’è la zona di comfort, ma lascia che te lo ricordi: è un’espressione un po' impropria per indicare tutte quelle situazioni e dinamiche dove sei solito permanere.

Può anche trattarsi di qualcosa di spiacevole, ma che rimane pur sempre un territorio conosciuto ed è questo a trattenerti dentro i suoi confini. Zona di comfort significa quindi situazioni e luoghi esistenziali noti, usuali, indipendentemente che siano piacevoli o meno.

Nella zona di comfort puoi includere anche le abitudini di pensiero e azione che porti avanti in modo spontaneo, automatico, senza impiegare sforzi.

Il cervello è biologicamente programmato per tenerti dentro le abitudini già acquisite. Cambiare è difficile perché va a mettere in discussione la tua struttura di abitudini e di punti di riferimento, e quindi anche la tua stessa identità; quello che senti di essere, infatti, è strettamente connesso con quello che fai ogni giorno. La zona di comfort, in pratica, è tale per il tuo cervello.

La zona di comfort può essere subdola

La zona di comfort può essere subdola, perché può travestirsi di impegno e di sforzo, facendo così credere che si sta agendo al di fuori di essa, laddove in realtà il movente profondo dietro quelle azioni è ancora frutto del fatto che non stai rischiando per davvero. Stai ancora “giocando al sicuro”, stai ancora ancora poggiandoti a pilastri che non sono veramente tuoi.

Per esempio, penso a un dipendente che voglia mettersi in proprio e per questo cominci a fare dei corsi di formazione per la sua nuova professione. Però continua a rimandare l'apertuare della sua attività, cosa che lo mette molto in ansia, perché si racconta che non è ancora abbastanza formato e quindi investe tempo, energie e risorse nella sua formazione, senza mai mettersi veramente in gioco. Nella sua testa si racconta che si sta impegnando e che sta sacrificando tanto di sé, e che quindi è uscito dalla sua zona di comfort, ma in realtà non si è ancora esposto in ciò che rappresenta davvero un rischio per lui: avere una clientela diretta.

Dico sempre che la vera sfida non è uscire dalla zona di comfort, ma identificare realmente cosa essa sia o meno, perché siamo bravissimi a raccontarcela. 

Un segno inconfondibile è questo: se senti che c'è qualcosa che dovresti fare e che sarebbe giusto fare, magari nella direzione dei tuoi obiettivi, dei tuoi sogni... ma ti fa scatenare emozioni di disagio, paura, fino a rasentare il panico, attivandoti resistenze e scuse di ogni sorta (non ho tempo, non ho soldi, non ho energia, non ho i giusti appoggi...) allora si tratta di qualcosa che con buona probabilità è davvero al di fuori della zona di comfort e vale la pena prenderlo in considerazione.

Affrontare la paura

Le azioni che trasformano la tua esistenza in meglio non sono mai dentro la zona di comfort, ma fuori. E così anche la tua stessa missione di vita: lei si trova al di fuori della zona, perché può essere incarnata solo dalla persona che diventerai, la versione più evoluta di te, che ha un'altra identità, un altro coraggio, e lei si trova al di là dei tuoi attuali confini.

Quando sento la paura, quasi istantaneamente mi dico: "Uhm, interessante! Quale opportunità mi si sta presentando?". Invece, se niente mi spaventa, so che allora sto andando in una direzione che probabilmente non è così trasformativa.

Ovviamente parlo di quelle paure che non vorresti avere, perché senti che ti impediscono di ottenere il meglio, e non di quelle sane reazioni che ti avvertono di un pericolo o di qualcosa che non va.

La paura vuole sempre salvarti, in entrambi i casi... solo che per lei è pericoloso il cambiamento a prescindere, quindi non puoi fidarti ciecamente della sua spinta, ma devi integrarla, valutarla.

Se invece ti fai guidare istintivamente dalla tendenza a evitare il disagio e la paura, rischi di non andare mai avanti, ma di restare incastrato nella stessa vita di sempre.

Scommetto che quelle volte in cui ti sei trovato a dover affrontare le tue paure, magari perché era davvero troppo rimanere nelle vecchie situazioni, non te ne sei mai pentito. Hai comunque sentito un moto di liberazione, di avanzamento.

Gli obiettivi trasformativi

Per tutto questo, ho deciso di lanciare la "sfida del discomfort" a me stessa, perché voglio allenarmi a non farmi frenare dal mio cervello, dalla ricerca della sicurezza, ma osare così come osa il comandante di una nave in mezzo all’oceano, che non cerca porti sicuri ma sistema le vele per la tempesta in arrivo.

In realtà, ci vuole un giusto mix di piacere e di sfida. Il piacere è connesso a quando ti muovi in allineamento con la tua missione e i tuoi valori, con ciò che ti nutre a livello profondo e non ti stancherai mai di fare; la sfida è connessa con l'uscire dalla zona di comfort.

Il comandante della nave ha sicuramente la passione per il mare e per la navigazione, ma poi agisce rischiando e mettendosi alla prova.

I miei obiettivi sono stati scelti al di fuori della zona di comfort e ti consiglio di fare altrettanto con i tuoi, o probabilmente non avranno efficacia né saranno davvero trasformativi per il tuo percorso.

Si può annullare la resistenza al cambiamento?

Una volta mi hanno chiesto se esiste un modo per annullare del tutto la resistenza al cambiamento e la paura che accompagna l'uscire dalla zona.

Come coach, ti confermo che la consapevolezza unita alle giuste strategie può fare la differenza: c'è sempre un modo migliore, un modo più efficace, per rendere una sfida affrontabile.

Tuttavia credo che non si potrà mai del tutto annullare l'attrito e il sacrificio. E per fortuna, direi io. Senza quell'attrito, non faremmo l’esperienza del cambiamento, non potremmo espandere le nostre possibilità, modificare la nostra stessa identità, quello che crediamo di poter essere e di poter fare.

Ricapitolando, se lavoriamo su di noi, sulla nostra consapevolezza, sulle nostre credenze, sull'integrazione delle emozioni, e affianchiamo strategie operative adeguate al contesto, questo può fare una differenza enorme e metterci nelle condizioni per agire. Ma poi ci sono quei passi difficili che vanno comunque fatti; la scomodità di entrare nell’ignoto va sperimentata.

La migliore versione di te ti sta aspettando

Non so che darei per tornare indietro nel tempo, di buoni 20 o 30 anni, e incontrare la versione attuale di me stessa, magari avere proprio me come coach! Mi sarei evitata tantissime trappole e avrei potuto camminare più veloce lungo il percorso che comunque mi era destinato, perché avrei individuato meglio le azioni da fare, quelle connesse con il mio sentire autentico.

Ben vengano quindi le consapevolezze, gli strumenti e le tecniche per gestire disagi e resistenze... ma poi quel passo dentro il discomfort va fatto, perché questo manda un messaggio al tuo io profondo, il messaggio che tu sei capace di crescere, e di farlo nella direzione della tua libertà più grande, nella direzione della tua anima.

Con quel passo testimoni a tutto l'universo che puoi andare oltre i limiti di chi sei, non tanto per il piacere di superare dei confini, ma perché al di là di quei limiti c'è la tua evoluzione, c’è la migliore versione di te che ti sta aspettando.

 Puoi farcela, sei nato per questo.

 

Camilla Ripani
La tua Life Purpose Coach

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